Per cominciare, ci racconti come e quando è iniziato il tuo percorso artistico?
Nel 1977, a Palermo, durante il periodo universitario. Anni di curiosità, di apertura e di fermenti. Anni di interesse ed approcci creativi a tutti gli aspetti delle dimensioni relazionali: pubbliche e private. Da una parte ho avuto modo di usare il disegno, il fumetto, la vignetta ad integrazione di qualche esame e, in genere, del percorso didattico, dall’altra, attraverso qualche installazione e qualche happening – un po’ situazionista e un po’ dada – data l’esigenza di “riappropriazione degli spazi pubblici”. Praticare arte era, comunque, un fenomeno collettivo: “l’area creativa del movimento…”. Non posso non citare l’installazione “Porta Terra” in una delle piazze-snodo della mia cittadina d’origine (e non solo): Cefalù. Materiali poveri: un vecchio portone, ferro e cumulo di terra. I problemi per l’occupazione di suolo pubblico e le proiezioni serali del carissimo amico, prematuramente scomparso, Salvatore Culotta.
A metà degli anni ’80 mi sono trasferito a Milano per frequentare la Domus Academy. Anni altrettanto stimolanti, definiti da Andrea Branzi – in quegli anni direttore della stessa Domus – “anni di creatività di massa”. Ho avuto modo di partecipare a varie mostre, in Italia ed all’Estero. Nell’86 una mia scultura segnatempo è stata premiata al Seibu Art Forum di Tokyo.
In che modo e da che cosa trovi ispirazione per realizzare le tue opere?
Credo che, in sintesi, sia possibile individuare tre tipologie di approcci. Il primo – forse quello in un certo senso più libero, più d’istinto – è quello che mi piace definire compositivo: l’incipit è la definizione di tracce che scandiscono gli spazi come confini territoriali, come appigli strutturali, come linee di forza. Il secondo è quello invece ancorato ad un elemento con forte prevalenza, le cui origini sono le più disparate: un oggetto visto, un dettaglio, una macchia di colore, un frammento ritrovato, una forma… Per anni, ad esempio, mi ha fatto compagnia l’immagine di tre archi in sequenza, fin quando è poi diventato “I guardiani delle tre porte del paradiso”. Il terzo spunto, infine, è quello di lavorare su un tema. Appartengono a questa categoria, ad esempio, la serie “Gli indignati” o il progetto “La Storia dipinta”. Sta nelle cose, ovviamente, che ispirazioni e modalità ogni tanto si mescolino.
Quali sono i generi e i modi espressivi che prediligi?
La debolezza dei codici espressivi nei linguaggi artistici ci offre grandi possibilità espressive ed interpretative. Pertanto, trovo grande interesse nella contaminazione, nell’ibridare il linguaggio. Le geometrie, il colore, le sollecitazioni polimateriche, l’arte povera, l’universo organico. Da qualche tempo mi ritrovo più spesso vicino all’uso espressionista del colore, prevalentemente astratto. E sento un grande fascino verso i frammenti materici. In ogni caso, mi sento forse più vicino ad un’idea di arte moderna più che contemporanea.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere al pubblico tramite le tue opere?
Fin dall’inizio ho sempre pensato i miei lavori come creature, finestre/frammenti di universi fluidi, popolati da altrettante creature. La soddisfazione maggiore era quella di assistere ai “viaggi interpretativi”, a volte un po’ visionari, di chi osservava le opere. Viaggi alla ricerca di allusioni, di rimandi… Col tempo le dinamiche si sono fatte sempre più complesse e si sono diversificate. Ma l’idea/speranza che una mia opera possa essere lo spunto per “un viaggio”, continua ad essere prioritaria. In altri casi, quando i messaggi vogliono essere più espliciti, è la parola che integra e/o fa da tramite: parole riportate, parole graffiate all’interno dei quadri. Oppure testi paralleli, ad accompagnare l’opera. Oppure soltanto un titolo.
Come ti poni nei confronti dell’arte del passato e ci sono artisti che hanno ispirato la tua produzione artistica?
Figlio. Mi sento figlio dell’arte del passato. Devo dire che non ho mai sentito la necessità di “inventare”, a tutti i costi. La necessità di “uccidere il padre”… Certo, il passato è fortemente diacronico, ma è anche complesso e diversificato, pertanto c’è bisogno di distinguere, parcellizzare. In particolare: non so quanti hanno ispirato la mia produzione artistica, sicuramente tanti. So un po’ meglio, invece, quanti hanno ispirato me. In ordine sparso: Luigi Russolo e i futuristi in genere, Hans Harp, Graham Sutherland, Hieronymus Bosch, il critico Pierre Restany, James Ensor, Mario Merz. Dal lungo ulteriore elenco non posso trascurare Samuel Beckett, Giosetta Fioroni e l’amico Giovanni Levanti.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese e in che modo ritieni che un artista possa emergere?
Il sistema dell’arte contemporanea risulta, a mio parere, maledettamente spiazzante e, al contempo, maledettamente intrigante. Un continuo guardarsi intorno.
Per emergere? Rischio di dire solo cose banali e scontate.
Pertanto preferisco fantasticare di un artista che raggiunge un meritato successo per la realizzazione di un’opera che riesce a contrastare una malattia incurabile…
O di un’opera dispensatrice di felicità.
A cosa stai lavorando ora e quali sono i tuoi progetti futuri?
a. “La Storia Dipinta – ma chi l’ha detto che le date sono solo numeri!”, mette la Storia al centro dell’opera d’arte, l’esposizione diventa quindi un esercizio di memoria collettiva. Le date sono lo spunto, e nel contempo accompagnano, ogni singola opera. In particolare si tratta sempre di date in cui “la collettività” ha preso decisioni nette su fatti, accadimenti. A volte segnando tappe di civiltà, altre volte legittimando involuzioni, scandali. 3 maggio 2005: assoluzioni definitive per le stragi di Piazza Fontana; 16 ottobre 1946: condanna per i criminali nazisti al tribunale di Norimberga. E poi la sentenza emessa dalla corte di Giustizia Europea per la concessione di asilo politico per gli omosessuali; la firma degli accordi di Oslo sulla questione palestinese; l’assoluzione per Erri De Luca dall’accusa di istigazione al sabotaggio…
Altre date, invece, preferiscono segnare vissuti di personaggi quali Alda Merini, Dario Fo, il comandante partigiano Giovanni Pesce…
Una prima esposizione della Storia Dipinta ha avuto luogo presso l’Ex-Fornace di Milano nel giugno del 2016. In preparazione 2 mostre in Sicilia tra luglio ed agosto del prossimo anno.
b. “Migranza, Accoglienza, Incontro tra Culture” è un progetto collettivo itinerante del Gruppo Artistico Oltre La Porta, all’interno delle attività dell’Associazione Art Marginem di Milano. L’ultima esposizione, il mese scorso all’interno delle manifestazioni del BookCity-Milano. Gli artisti propongono le loro personali riflessioni sulle tematiche delle Migrazioni.
Flussi migratori, barriere, accoglienza. Integrazioni e contaminazioni culturali.
In vendita piccole opere realizzate dagli artisti per finanziare il progetto di un Centro di Accoglienza per rifugiati politici.
c. Un progetto in collaborazione con la scrittrice Giada Brocato, a partire dal suo racconto “Le Piccole Cose c’entrano con la Vita”. Parole, brandelli di frasi. A contaminare immagini. Forme, colori. A contaminare…